Sonata al Chiaro di Luna: Quasi un Monologo di Ludwig van Beethoven
- Odysseus
- 19 dic 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 23 dic 2020
Introduzione
Un quarto di millennio… Che veneranda età!
Il famosissimo compositore Ludwig van Beethoven – uno trai più grandi geni di tutti i tempi! – nasceva proprio duecentocinquant’anni fa: una ricorrenza troppo importante per non essere celebrata.
“Che fare, allora?” ci siamo domandati. “Quale può essere un modo per rendergli omaggio come si deve? Cantargli forse Diem Festum Tibi?”
“Chiediamolo a lui!” ci siamo risposti.
"Cosa direbbe ora Beethoven se solo potesse parlarci?"
Ecco a voi un articolo e un video in cui potrete ascoltare la sua voce, che parla sulle note di uno dei suoi brani più famosi…
Beethoven
Il sedici dicembre del 1770 nasceva a Bonn, in Germania, uno dei musicisti più conosciuti e più spettinati di sempre: Ludwig van Beethoven.
Bambino prodigio, a undici anni capace di suonare in concerto brani di elevato spessore, come i preludi e le fughe del Clavicembalo ben Temperato di J.S. Bach, passerà alla storia per le sue celeberrime composizioni per strumenti di ogni tipo, dal pianoforte agli archi, ai fiati e ai lavori per coro e orchestra.
A partire dalla sua gioventù cominciò a viaggiare e fu notato da numerosi personaggi di spicco dell’epoca come Ferdinand von Waldstein (cui dedicherà la celebre sonata) e Haydn. Probabilmente ebbe anche l’onore di conoscere Mozart.
In particolare, fu importante interagire con Haydn che divenne il suo maestro ma con cui ebbe rapporti pieni di alti e bassi a causa delle sue ambizioni che talvolta si scontravano con le idee di Haydn. È tuttavia cosa certa che i due si stimassero reciprocamente per la loro musica.
Beethoven si esibì in una tournée di concerti importanti solo dopo aver concluso gli studi con il suo mentore e fu così apprezzato che altri grandi pianisti come Johann Baptist Cramer e Muzio Clementi lo aiutarono per un periodo a sostenere le spese.
Poco dopo questo periodo Beethoven scrisse alcuni capolavori fra cui la sonata n.8, soprannominata poi Pathétique (“Patetica”).
Da questo momento in poi compose tutti i suoi lavori successivi senza mai sentirli, poiché perse progressivamente l’udito sino a diventare totalmente sordo.
Paradossalmente è solo da allora che Beethoven realizzò i suoi lavori più famosi, come ad esempio la sonata 14 per pianoforte “Al chiaro di Luna”.
Morì a Vienna il 26 marzo del 1827.
Sonata n. 14, op. 27 n.2: “Quasi una fantasia”
Fu composta tra il 1800 e il 1801, e fu dedicata alla giovane Giulietta Guicciardi, di cui il compositore era innamorato.
Nel video correlato viene eseguito solo il primo movimento, costruito in forma-sonata, e cioè composto da un’esposizione, uno sviluppo, e una ripresa.
In tonalità di Do# minore l’Esposizione del pezzo comincia con delle delicatissime terzine in pianissimo: “Sol#-Do#-Mi, Sol#-Do#-Mi”, e così via…
Per tutto il brano saranno una parte molto importante, che volendo possiamo definire lo scheletro di questo primo movimento; ad accompagnarle ci pensa la sinistra, all'inizio con dei bicordi e successivamente con degli accordi, che coincidono con la ripetizione del tema delle terzine, che in questo momento però svolgono una fondamentale funzione riempitiva, poiché adesso la melodia si è spostata su una nuova voce superiore — “Sol#, Sol#-Sol#” — ed è suonata dalla mano destra.
Più avanti un punto cruciale è la parte successiva, ricca di espressività e tensione che si scioglie: Si, Do (naturale), (terzine), La#, Si, che si alternano a brevi crescendo della sinistra per poi diminuire.
In questa frase musicale è particolare come Beethoven esca dalla tonalità di Do# minore (spostandosi in Si maggiore) e crei delle dissonanze molto piacevoli, che se suonate nel modo giusto non disturbano l'orecchio di chi ascolta.
Dopo un breve momento di modulazione ha termine l’esposizione monotematica di questo primo movimento, e ha inizio lo Sviluppo, che ci ripropone il tema nella tonalità di Fa# minore. Siamo ormai arrivati alla parte centrale del brano, che procede con un arpeggio di Do# minore prima nell'ottava centrale poi in quella inferiore. Qui partono sospesi arpeggi ascendenti di Do# minore e di settima diminuita, suddivisi in terzine per ben quattro battute.
Dopo un ultimo arpeggio in senso discendente e una sequenza suonata nella parte bassa della tastiera, abbiamo la Ripresa del tema iniziale, nella tonalità d’impianto, con le solite tre voci. Il percorso della ripresa ci porta più avanti, dove si ripetono le dissonanze già notate prima, stavolta traslate nella tonalità principale, secondo i canoni della forma-sonata — Do#, Re (naturale), Si#, Do#, sempre alternato ai crescendo e diminuendo della sinistra.
Si giunge poi nella tonalità di Fa# minore, che a sua volta ci conduce verso la Coda.
Qui ritornano protagoniste le terzine e agli atti finali riprende il famoso tema iniziale: (Mi-Sol#-Do#, Sol#-Do#-Mi) con la seconda voce (Sol#, Sol#-Sol#)ripetuta in modo pieno e triste dalla mano sinistra, che rimbomba solennemente.
In conclusione, prendono la scena gli arpeggi di Do# minore che ci portano alla fine del brano. Mano sinistra e destra chiuderanno infine con dei pieni accordi in pianissimo di Do# minore.
Sonata al Chiaro di Luna: “Quasi un monologo di Ludwig van Beethoven”
Anche il monologo è scritto in forma-sonata, e le parole – che altro non sono che reminiscenze, frammenti, immagini – seguono la linea melodica.
È la voce di Beethoven che ci parla da chissà dove, lontano da questo mondo, e riflette sulla propria vita ormai finita e sul valore che essa ha avuto per lui, sul valore che ha avuto lui per le persone che lo circondavano.
Tutto ha inizio con un richiamo, dolce e malinconico: “Aspetta…” e allora i ricordi cominciano a prendere forma, a spuntare fuori dalle nuvole illuminati dalla luce della luna.
Siamo all’inizio dell’Esposizione.
Il ricordo dei giorni di composizione, la triste invocazione alla sua Giulietta, che corrisponde al tema delle dissonanze, l’angoscia dell’incertezza e della nostalgia…
Ha anche qui inizio lo Sviluppo, in cui Beethoven si rende conto di non sentir più niente: allora amareggiato e disperato chiama i suoi cari, i suoi amici, continua a farsi domande, ma non ottiene alcuna risposta.
Forse però qualcosa in realtà sente…
Con la Ripresa e la Coda il nostro compositore si rivolge direttamente ai suoi ascoltatori, consapevole di non riuscire a sentirli, ma percependo la loro presenza, da qualche parte, in quel mondo che un tempo ha abitato e che gli manca tanto.
Il brano si chiude con una promessa, semplice e dolce, poi le nubi si richiudono, la luna si oscura di nuovo, e il pianoforte suona gli accordi conclusivi in un misto di speranza e malinconia.
Lorenzo Andrea Foschi
Daniele Fiorillo
Dicembre 2020
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