Il nostro glossario: τέρας
- Odysseus
- 5 dic 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 9 feb 2021
Francesca Rabbito
Sara Madama
Oggi vi proponiamo un nuovo vocabolo, sii tratta di τέρας (tèras), un sostantivo… metamorfico.
Il termine “τέρας, τέρατος” è un vocabolo neutro il cui primo significato è quello di prodigio, di portento inteso come qualcosa di soprannaturale, al di là dell’umano; questo giustifica la sua natura neutra, cioè oltre il maschile e il femminile. Potremmo tradurlo anche, inserendolo in un contesto storico che vada da Cristo in avanti, miracoloso, in quanto non giustificabile dal punto di vista scientifico.
È inoltre interessante notare come tra il primo e il secondo significato di “τέρας” se ne situi un terzo, quello di presagio: vedendo qualcosa di incredibile, di meraviglioso, l’uomo è assalito dalla paura che questa possa modificare il nostro ordine conosciuto e portare novità; per questo tendiamo a considerare la suddetta “cosa” come portatrice di sfortuna, di negatività, di pericolo.
Anche i latini avevano una parola simile, monstrum (da monere) che significa appunto "portento, prodigio" ma anche "deforme" (in senso sia fisico che morale).
Ma come si poteva usare un solo sostantivo per indicare contemporaneamente due concetti così diversi come il bello e il brutto, il buono e il cattivo?
Nella mitologia e nella letteratura greca troviamo moltissimi esempi a risposta di questa domanda.
Il sostantivo “τέρας” è usato da alcuni grandi poeti dell’Antica Grecia. Uno di questi, Eschilo (Eleusi, 525 a.C. – Gela, 456 a.C.), utilizza questo termine in una delle sue tragedie più famose, “Le Gorgoni”: si tratta di un interessante esempio della commistione che, nella mentalità greca, si aveva tra il concetto di “mostruoso” e quello di “prodigioso”, nella loro accezione, rispettivamente negativa e positiva, espresse entrambe in quest’unica parola.
Il sostantivo “τέρας”, infatti, è usato in riferimento alla testa di Medusa, un essere terrificante che rappresenta la perversione intellettuale dell’uomo (insieme alle sue sorelle, Steno ed Euriale, che invece rappresentano rispettivamente la perversione morale e quella sessuale degli esseri umani). Da questa creatura mostruosa e apparentemente del tutto negativa, nasce un prodigio di bellezza e purezza: quando Perseo, un eroe della mitologia greca, con l’aiuto della dea Atena taglia la testa della Gorgone, uccidendola, dal sangue del mostro nasce il cavallo alato Pegaso, che simboleggia il prodigioso e il soprannaturale - datigli dalle sue ali (innaturali su un cavallo) - nella loro accezione più positiva.
Il termine, dunque, esprime tutto ciò che è evidentemente fuori dal comune, nel bene e nel male.
Da questo possiamo intuire che nella mentalità greca i concetti di mostruoso e prodigioso non erano contrapposti, come spesso tendono ad apparire nelle società odierne, ma commisti.
In effetti, al giorno d’oggi, vi è una certa propensione a definire mostruoso tutto ciò che ci sembra fuori dai nostri canoni di normalità; inoltre, come si accennava prima, spesso consideriamo “brutto” quello che magari in realtà non conosciamo, ma che ci spaventa.
Chiamare mostro ciò che non si conosce significa dare un giudizio sbagliato o comunque affrettato a qualcosa che non si conosce. Avremmo molto da imparare dalla società greca, che non questo termine ci insegna a cercare sempre qualcosa di bello, di “prodigioso” anche in ciò che ci spaventa o che a prima vista ci sembra brutto o negativo, perché anche da una cosa all’apparenza mostruosa può nascere bellezza e positività (Ephesus docet).
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